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La Fed non tocca i tassi. E prevede un taglio nel 2024, contro i 3 previsti a marzo

 
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Tassi fermi negli Usa. Il comitato di politica monetaria (Fomc) della Fed non ha smentito le attese e ha lasciato i Fed funds rates fermi al 5,25%-5,50%, il livello più alto dal 2001, e ha indicato come scenario una stretta più lenta rispetto a quella disegnata a marzo. Il taglio nel corso del 2024 sarà infatti solo uno, da un quarto di punto. "I recenti indicatori suggeriscono che l'attività economica ha continuato a espandersi a una velocità solida. I progressi sul mercato del lavoro sono rimasti solidi e il tasso di disoccupazione basso. L'inflazione ha rallentato nell'ultimo anno ma resta elevata. Negli ultimi mesi ci sono stati progressi modesti verso l'obiettivo del 2%". Le decisioni continueranno a essere prese «riunione dopo riunione», sulla base dei dati. Ma la chiave, ha detto in conferenza stampa il presidente Jerome Powell, resta il mercato del lavoro: «Osserviamo ovviamente il mercato del lavoro e l'economia nel suo insieme, ma il mercato del lavoro in modo molto attento» e «vediamo - ha detto il presidente - un raffreddamento graduale, un graduale movimento verso un miglior equilibrio»: «Le retribuzioni - ha poi aggiunto - si muovono ancora a un ritmo superiore a quello sostenibile, che sarebbe quello del trend dell'inflazione e quello del trend della produttività». Gli analisti di Mps fanno notare però che «il governatore Powell ha provato a stemperare i toni, precisando come molti membri solitamente non aggiornino le proprie stime se un dato viene pubblicato durante la riunione e che si tratta di assunzioni conservative. Considerando che sette membri aspettano un taglio, otto se ne aspettano due e quattro nessuno, se ne deduce che il board è diviso e basta poco per passare da uno a due tagli». Il mercato si sta orientando verso questa seconda idea. Intanto in chiaroscuro Wall Street, dopo un altro dato positivo sull'inflazione. A sorpresa, infatti, i prezzi alla produzione in Usa sono calati in maggio dello 0,2% (un segnale di raffreddamento dell'inflazione utile per la Fed?) e le richieste dei sussidi di disoccupazione sono saliti di 13.000 unità a quota 242.000, ai massimi dalla seconda settimana di dell'agosto 2023. Il dato è superiore alle attese degli analisti, che scommettevano su quota 225.000. Ne parliamo con Franco Bruni, ex docente economia monetaria internazionale università Bocconi, presidente ISPI.

Tecnocasa: il mercato immobiliare rallenta

Secondo le analisi dell'Ufficio Studi Tecnocasa afferma Fabiana Megliola, Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa il mercato immobiliare nel secondo semestre del 2023 è contrassegnato da stabilità, maggiore riflessione e prudenza rispetto all'acquisto, ma anche aspettative ottimistiche per l'atteso ribasso dei tassi di interesse. Gli investitori continuano a indirizzarsi sul mattone e le percentuali sono in crescita: i dati relativi alle compravendite gestite dalle agenzie del Gruppo Tecnocasa evidenziano, infatti, un aumento della percentuale di chi acquista per investimento: passa dal 18,2% del secondo semestre del 2022 al 19,5% dello stesso periodo del 2023. Riscontriamo, in alcune realtà e sebbene ancora marginalmente, una maggiore prudenza da parte degli investitori che desiderano praticare affitti brevi. I dati diramati dall'Agenzia delle Entrate, relativi alle compravendite immobiliari del 2023, registrano 709.591 transazioni con una decrescita del 9,7% rispetto all'anno precedente. Dopo il risultato brillante del 2022, si confermano dunque le aspettative di ridimensionamento dei volumi di compravendita che restano su numeri interessanti e ci restituiscono un mercato comunque dinamico. I prezzi delle case sono stabili nella seconda parte del 2023, in particolare nelle grandi città che registrano un +0,1% con alcune realtà in controtendenza: Bari (-2,0%), Genova (-0,6%) e Palermo (-0,4%), Bologna (-0,1%). Milano mette a segno un +0,1%, Roma registra valori stabili. Anche nell'hinterland delle metropoli si segnala una crescita dello 0,1% con quello di Milano che mette a segno l aumento più significativo (+2,2%) seguito da quello di Verona (+0,9%) +0,1% l aumento dei prezzi nei capoluoghi di provincia con dinamiche diverse tra nord, centro e sud Italia: nella prima realtà si segnala un incremento dei valori dello 0,8%, mentre in centro e sud Italia i valori sono in ribasso rispettivamente dello 0,4% e dello 0,6%. I prezzi delle nuove costruzioni crescono con lo stesso ritmo del semestre precedente: (+0,6%), nell'hinterland delle grandi città l'aumento è dell'1,2%, nei capoluoghi di provincia dello 0,7%. Solo il 6,6% delle compravendite realizzate attraverso le agenzie del Gruppo Tecnocasa ha interessato immobili di classe A e B. Approfondiamo il tema con Fabiana Megliola, Resp Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa.

Dopo le europee, Governo tra debito e patto di stabilità

Anche oggi le Borse più negative sono Milano e Parigi, che cedono l'1,2%, con Francoforte che perde l'1,1%. Il rendimento del Btp a 10 anni prova a tornare a quota 4% (si trova a metà giornata al 3,97%) con un aumento di circa cinque punti base rispetto all'avvio. Il paradosso però è che in Italia, a differenza della Francia, raramente si è vista una stabilità politica come in questo momento. Ancor prima che la sconfitta di Macron proiettasse la sua ombra sul governo francese e i suoi titoli di Stato, gli hedge funds avevano, infatti, aperto la caccia al ribasso sui debiti dell'Eurozona. Se si somma il valore di tutti i titoli europei presi a prestito, con l'intenzione di venderli e poi restituirli, guadagnando sul prezzo minore pagato per recuperarli sul mercato (il meccanismo di speculazione più semplice), si arriva, secondo Standard&Poor's, a 413 miliardi di euro, il volume di fuoco al ribasso più alto dagli ultimi mesi della pandemia e, comunque, degli ultimi due anni. Ma se i mercati finanziari europei ballano, è sempre l'Italia ad occupare la prima fila del palcoscenico: le scommesse al ribasso contro il nostro Tesoro, da gennaio ad oggi sono aumentate del 38 per cento. Ci sono oltre 50 miliardi di euro (2 in più solo a maggio) puntati contro i Btp. La tempesta post-elettorale investe, in altre parole, una situazione già fragile. Il progressivo smantellamento della rete di protezione della Bce sui debiti dei paesi europei, lo stesso taglio dei tassi, che riduce la domanda ordinaria di titoli, rendendoli meno appetibili. E, soprattutto, il ritorno del Patto di stabilità che non può non registrare gli sforamenti a ripetizione dei nuovi limiti di disavanzo e di debito, rendendo inevitabili le procedure d'infrazione e le conseguenti diffidenze dei mercati. E, a guardare i prossimi mesi, si incontra un altro paradosso, ancora più preoccupante per il governo di Roma. Le elezioni di domenica consegnano a Giorgia Meloni un panorama più denso di amici o, comunque, di capitali in cui i suoi amici contano di più. Ma difficilmente cambieranno, in questa direzione, gli equilibri al vertice della Ue e nella Commissione che dovrà esaminare i conti italiani. E, ancora una volta, come già avvenuto sulla immigrazione, Giorgia Meloni rischia di misurarsi con un vicolo cieco inaggirabile: se dovesse avere bisogno di solidarietà, non saranno i governi o i movimenti dell'Europa più nazionalista da Wilders all'Afd alla Le Pen i più pronti a dargliene. In realtà un'altra opzione alla rigida dei conti c'è eccome, coma ha scritto ieri sul Sole 24 Ore Gustavo Piga. Ed è quella che consente ai singoli Paesi di praticare politiche fiscali espansive in autonomia. Questa scelta, attualmente disponibile, sarebbe capace non solo di ravvivare le attuali magre statistiche europee del Pil ma di mettere anche in sicurezza il rapporto debito/Pil dei Paesi più a rischio. L'Italia è una controprova di ciò: nel secondo decennio del secolo, costretta dall'austerità a ridurre i suoi deficit, ha visto il debito/Pil crescere di 30 punti percentuali; mentre nei soli due anni di questo secolo in cui abbiamo recuperato dinamismo rispetto alla media europea, il 2022 e 2023, grazie a una crescita maggiore dell'1% generata da una politica fiscale generosa, il debito/Pil è calato. Oggi, 2024, che quelle politiche si interrompono per tornare austere, il debito risale nuovamente. Vero è che l'espansione via ecobonus non fu la politica ideale per sostenere credibilmente la crescita: bisogna spendere meglio. Dove? È evidente: la relazione della Banca d'Italia mostra come la nostra Pa è la più vecchia, la meno numerosa, la meno permeata di laureati e la più dominata da giuristi d'Europa, mentre nell'ultimo decennio, a causa dell'austerità, stipendi di docenti e insegnanti sono diminuiti rispettivamente dell'8,7% e del 14,8%. Partire da investimenti in capitale umano finanziati in deficit potrebbe avviare l'atteso sviluppo, mettendo in sicurezza il debito/Pil. È altrettanto ovvio come questa terza opzione, di maggiore autonomia, non rassicuri i nostri partner europei. Ma possiamo proporre ad essa delle restrizioni: come nel Pnrr, ci si accordi con la Ue affinché tali scelte di maggiore spesa siano vincolate a controlli europei di qualità, con precisi milestone e target, soddisfatti i quali, si potrà continuare a spendere per il bene del Paese e per la salvezza della "mortale" Europa. Ne parliamo con Gustavo Piga, docente politiche economiche università di Roma Tor Vergata, editorialista Sole 24 Ore.

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Tecnocasa: il mercato immobiliare rallenta

Secondo le analisi dell'Ufficio Studi Tecnocasa afferma Fabiana Megliola, Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa il mercato immobiliare nel secondo semestre del 2023 è contrassegnato da stabilità, maggiore riflessione e prudenza rispetto all'acquisto, ma anche aspettative ottimistiche per l'atteso ribasso dei tassi di interesse. Gli investitori continuano a indirizzarsi sul mattone e le percentuali sono in crescita: i dati relativi alle compravendite gestite dalle agenzie del Gruppo Tecnocasa evidenziano, infatti, un aumento della percentuale di chi acquista per investimento: passa dal 18,2% del secondo semestre del 2022 al 19,5% dello stesso periodo del 2023. Riscontriamo, in alcune realtà e sebbene ancora marginalmente, una maggiore prudenza da parte degli investitori che desiderano praticare affitti brevi. I dati diramati dall'Agenzia delle Entrate, relativi alle compravendite immobiliari del 2023, registrano 709.591 transazioni con una decrescita del 9,7% rispetto all'anno precedente. Dopo il risultato brillante del 2022, si confermano dunque le aspettative di ridimensionamento dei volumi di compravendita che restano su numeri interessanti e ci restituiscono un mercato comunque dinamico. I prezzi delle case sono stabili nella seconda parte del 2023, in particolare nelle grandi città che registrano un +0,1% con alcune realtà in controtendenza: Bari (-2,0%), Genova (-0,6%) e Palermo (-0,4%), Bologna (-0,1%). Milano mette a segno un +0,1%, Roma registra valori stabili. Anche nell'hinterland delle metropoli si segnala una crescita dello 0,1% con quello di Milano che mette a segno l aumento più significativo (+2,2%) seguito da quello di Verona (+0,9%) +0,1% l aumento dei prezzi nei capoluoghi di provincia con dinamiche diverse tra nord, centro e sud Italia: nella prima realtà si segnala un incremento dei valori dello 0,8%, mentre in centro e sud Italia i valori sono in ribasso rispettivamente dello 0,4% e dello 0,6%. I prezzi delle nuove costruzioni crescono con lo stesso ritmo del semestre precedente: (+0,6%), nell'hinterland delle grandi città l'aumento è dell'1,2%, nei capoluoghi di provincia dello 0,7%. Solo il 6,6% delle compravendite realizzate attraverso le agenzie del Gruppo Tecnocasa ha interessato immobili di classe A e B. Approfondiamo il tema con Fabiana Megliola, Resp Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa.

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Anche oggi le Borse più negative sono Milano e Parigi, che cedono l'1,2%, con Francoforte che perde l'1,1%. Il rendimento del Btp a 10 anni prova a tornare a quota 4% (si trova a metà giornata al 3,97%) con un aumento di circa cinque punti base rispetto all'avvio. Il paradosso però è che in Italia, a differenza della Francia, raramente si è vista una stabilità politica come in questo momento. Ancor prima che la sconfitta di Macron proiettasse la sua ombra sul governo francese e i suoi titoli di Stato, gli hedge funds avevano, infatti, aperto la caccia al ribasso sui debiti dell'Eurozona. Se si somma il valore di tutti i titoli europei presi a prestito, con l'intenzione di venderli e poi restituirli, guadagnando sul prezzo minore pagato per recuperarli sul mercato (il meccanismo di speculazione più semplice), si arriva, secondo Standard&Poor's, a 413 miliardi di euro, il volume di fuoco al ribasso più alto dagli ultimi mesi della pandemia e, comunque, degli ultimi due anni. Ma se i mercati finanziari europei ballano, è sempre l'Italia ad occupare la prima fila del palcoscenico: le scommesse al ribasso contro il nostro Tesoro, da gennaio ad oggi sono aumentate del 38 per cento. Ci sono oltre 50 miliardi di euro (2 in più solo a maggio) puntati contro i Btp. La tempesta post-elettorale investe, in altre parole, una situazione già fragile. Il progressivo smantellamento della rete di protezione della Bce sui debiti dei paesi europei, lo stesso taglio dei tassi, che riduce la domanda ordinaria di titoli, rendendoli meno appetibili. E, soprattutto, il ritorno del Patto di stabilità che non può non registrare gli sforamenti a ripetizione dei nuovi limiti di disavanzo e di debito, rendendo inevitabili le procedure d'infrazione e le conseguenti diffidenze dei mercati. E, a guardare i prossimi mesi, si incontra un altro paradosso, ancora più preoccupante per il governo di Roma. Le elezioni di domenica consegnano a Giorgia Meloni un panorama più denso di amici o, comunque, di capitali in cui i suoi amici contano di più. Ma difficilmente cambieranno, in questa direzione, gli equilibri al vertice della Ue e nella Commissione che dovrà esaminare i conti italiani. E, ancora una volta, come già avvenuto sulla immigrazione, Giorgia Meloni rischia di misurarsi con un vicolo cieco inaggirabile: se dovesse avere bisogno di solidarietà, non saranno i governi o i movimenti dell'Europa più nazionalista da Wilders all'Afd alla Le Pen i più pronti a dargliene. In realtà un'altra opzione alla rigida dei conti c'è eccome, coma ha scritto ieri sul Sole 24 Ore Gustavo Piga. Ed è quella che consente ai singoli Paesi di praticare politiche fiscali espansive in autonomia. Questa scelta, attualmente disponibile, sarebbe capace non solo di ravvivare le attuali magre statistiche europee del Pil ma di mettere anche in sicurezza il rapporto debito/Pil dei Paesi più a rischio. L'Italia è una controprova di ciò: nel secondo decennio del secolo, costretta dall'austerità a ridurre i suoi deficit, ha visto il debito/Pil crescere di 30 punti percentuali; mentre nei soli due anni di questo secolo in cui abbiamo recuperato dinamismo rispetto alla media europea, il 2022 e 2023, grazie a una crescita maggiore dell'1% generata da una politica fiscale generosa, il debito/Pil è calato. Oggi, 2024, che quelle politiche si interrompono per tornare austere, il debito risale nuovamente. Vero è che l'espansione via ecobonus non fu la politica ideale per sostenere credibilmente la crescita: bisogna spendere meglio. Dove? È evidente: la relazione della Banca d'Italia mostra come la nostra Pa è la più vecchia, la meno numerosa, la meno permeata di laureati e la più dominata da giuristi d'Europa, mentre nell'ultimo decennio, a causa dell'austerità, stipendi di docenti e insegnanti sono diminuiti rispettivamente dell'8,7% e del 14,8%. Partire da investimenti in capitale umano finanziati in deficit potrebbe avviare l'atteso sviluppo, mettendo in sicurezza il debito/Pil. È altrettanto ovvio come questa terza opzione, di maggiore autonomia, non rassicuri i nostri partner europei. Ma possiamo proporre ad essa delle restrizioni: come nel Pnrr, ci si accordi con la Ue affinché tali scelte di maggiore spesa siano vincolate a controlli europei di qualità, con precisi milestone e target, soddisfatti i quali, si potrà continuare a spendere per il bene del Paese e per la salvezza della "mortale" Europa. Ne parliamo con Gustavo Piga, docente politiche economiche università di Roma Tor Vergata, editorialista Sole 24 Ore.

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